Si, questo è un altro blog sui fumetti. E come suggerisce il nome, indica una malattia: la dipendenza dai fumetti.

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venerdì 20 novembre 2015

Frank Carter una Spia per Caso.



Chi segue il blog con una certa costanza sa benissimo cosa ne penso dei webcomics.
Indubbiamente il mio è un giudizio molto totalitario e pessimista, senza alcuna sfumatura di grigio, e senza nemmeno troppe zone bianche ad essere onesti.
Anzi per me l’aria dilettantistica che permea questa sottocategoria del fumetto italiano, che sembra per giunta ormai l’unica cosa che lo tenga in vita, come una sorta di residuato di respiratore artificiale, per lo più è un’ immensa distesa nera altrochè, la classica foresta piena di trappole e perigli da evitare, come nei migliori romanzi fantasy.

I signori della giuria tengano presenti le attenuanti prima di formulare una condanna per questo talebano.
D’altronde la stragrande maggioranza delle volte che mi sono rapportato a questa realtà, mi sono imbattuto in lavori, autoreferenziali, pretenziosi ed…inutili.
Parlo di robe come Maicol e Mirco, o i lavori (lavori, che Dio mi perdoni) del Dottor Pira, che in cuor mio spero prima o poi si accenda e si consumi per davvero, per il bene del futuro dei tessuti neurologici dei giovani hipster amanti del fumetto on line di facile fruizione che lo seguono, talmente facile che basta un click per esprimere l’iterazione con il media, e poco conta se in quel frangente frenetico ed iperveloce, si capisca poco o nulla di quello che l’autore vuole dire, questo nell’ottimistica ipotesi che voglia effettivamente dire qualcosa.
Il fine ultimo in questi casi il più delle volte è il like, il follow, lo share, il pin it, che ne so, scegliete voi il social che più vi aggrada, un’azione comunque lontanissima dal concetto di lettura che si riduce fondamentalmente a “è un grande momento per il fumetto underground italiano ed io c’ero” o se volete “ehi sono cool, anche io leggo la satira esistenzialistica di maicol e mirco.”
Poraccio de te.

Quindi non è strano se prima di adesso, io non avessi alcuna idea di chi fosse Frank Carter, spero di non aver fatto casino con i congiuntivi.
Proprio perché Frank Carter nasce come striscia web.
Quello di Coratelli e Latella è un fumetto nostalgico; strutturalmente si rifà alla strip, ed è una piacevole coincidenza che mi sia capitato tra le mani adesso che sono preso da determinate letture, tutto attento, ai tempi, ed allo storytelling prigioniero di determinate griglie, come per l’appunto le strip, ed i fumetti inglesi della 2000AD, fumetti dove era imperativo per gli autori, condensare in poche pagine appetibilità ed aspettative nel lettore.
Vi anticipo subito che entrambi gli autori dimostrano in queste 48 pagine di aver inteso appieno ka kezione del passato. 


Seppur in maniera molto più scanzonata i due racconti del volume in esame fanno pensare ad un ibrido tra il belga Tif et Tondu di Fernand Dineur ed un timido omaggio ad Hergè, ho letto in giro che c’è chi colloca questo fumetto  come un derivato del Dick Tracy del maestro Chester Gould, ma in realtà non ci siamo nemmeno vicini, Frank Carter attinge dal filone delle spystory, ma lo fa senza troppe pretese, d’altronde come lo stesso Zamberlan, un illustratore indipendente con un interessante portfolio in rete, anticipa nella sua introduzione che  Frank Carter è una lettura concepita per la rete, quindi esige di essere fruibile ed immediata, delega la sua appetibilità fondamentalmente ai colpi di scena ed una trama leggera e lasciate che ve lo dica, non mancano nessuna delle due cose, non è un romanzo seriale di mission impossibile, né un fumetto che scimmiotta 007, Frank Carter come il Tin Tin di Hergè è un semplice civile, che per una serie di eventi si ritrova fino al collo in un intrigo spionistico, il paragone con il capolavoro di Hergè, non è solo una sviolinata, Latella può anche risultare ancora un po’ rigido o timido, scegliete voi il termine più idoneo, per non smontare un illustratore sicuramente dotato, ha comunque uno stile assolutamente europeo, il suo tratto pulito esaudisce ottimamente le richieste dello scrittore Carlo Coratelli, che dal canto suo confeziona due storie brevi attingendo da collaudati plot del passato, Equivoco a Casablanca sembra la classica commedia degli errori che potreste trovare in un teatro qualsiasi in città, scoprendovene per altro innamorati.
Insomma Frank Carter  le avventure di una spia per caso è una deliziosa lettura, caldamente raccomandata agli amanti del genere, paradossalmente, nonostante nasca in rete trovo che si presti di più alla carta stampata, anche per via del fatto che ha ben poco a che spartire con i suoi compagni di megabyte.
La sfiga di questo personaggio è che è troppo lineare, Frank Carter, non molla scoregge, non rutta, è privo di donne  con la quinta e le poppe al vento, non parla in modo sconnesso, non fa umorismo non sense, non si autoreplica sui social in modo virale, non si presta alla comunicazione a mò di meme.
In effetti delle specifiche richieste dal mondo web italiano, decisamente grottesco se posso azzardare un’ opinione, ha soltanto l’immediatezza, per il resto Coratelli e Latella, poveri ingenui sognatori vogliono soltanto fare del buon fumetto dai canoni classici.
Con qualche finezza da manuale come dimostra il cameo al presidente degli Stati Uniti d’America più oscuro di sempre.
Ma da adesso finiscono le belle parole.
In Frank Carter, non ci sono macchie amorfe nere su sfondo rosso che dicono cose tipo:
“Togliti le mutande adesso ti trombo a sangue”
e l’altra risponde: “Tanto tutti prima o poi dobbiamo morire”.
Non c’è quella spazzatura autoreferenziata tipo Iodosan della pattuglia spaziale, che fa tanto fumetto underground per i lettori sinistroidi dell’Internazionale (prima che me lo chiediate, sono di sinistra, ma la cosa non mi ha mai creato problemi di gusto),  non c’è nemmeno il nonsense per tutta la famiglia senza capo e ne coda di Sio.
Frank Carter è un fumetto alla vecchia maniera, Coratelli non è a capo di un’ex sito web improvvisatosi editore, e peggio ancora scrittore, reclutando personaggi che con il fumetto hanno ben poco in comune, Latella, così su due piedi, a vedere i suoi lavori, non sembra senta il bisogno di disegnare papere alienate intente a farla nel piatto doccia, snocciolando massime esistenzialistiche, in un vago decostruzionismo di personaggi che sa di già visto altre mille volte in passato.
Eppure sembra sgomiti invano per farsi posto tra i fumetti della nuova generazione.
Invano perché, il sito web su cui erano e (presumo) sono ospiti le strisce, è lo stesso sito web che ospita i lavori di Sio, editore di prelibatezze come Maschera Gialla, Noumeno e Agorafobia.
Rendemose conto.
Il cui capo per sua stessa ammissione in millemila interviste tutte identiche, sembra avere le idee molto chiare su dove debba andare il fumetto, e su chi debba farlo, credo di aver letto da qualche parte, che un fumetto per vendere non necessariamente deve essere fatto da fumettisti, un discorso che non fa una grinza, se si considera che la star della suddetta casa editrice, effettivamente non è un fumettista, ma sono pronto a giurare che nemmeno chi legge certa roba possa propriamente definirsi un lettore di fumetti.
Tutte le volte che leggo del boss di Shockdom, mi sbellico dalle risate, una laurea in fisica, al lavoro in rete senza grossi successi da qualche lustro, un’unica intuizione, di arruolare un ragazzino con un canale youtube seguitissimo, specchio dell’Italia giovane di oggi, che forte del suo primo fumetto (etichetta Shockdom, magari non significa nulla, magari si), addirittura fornisce in rete consigli su come fare un fumetto. Tra questi:

 Bisogna definire una linea artistica coerente con la storia e il suo messaggio, e di conseguenza scegliere il disegnatore adatto. Può sembrare scontato, ma in una storia il cui contenuto può essere molto complesso o intricato, avvalersi del disegno giusto può contribuire a renderla più chiara e appassionante“.

La copertina del volume della Red Publishing reperibile su Ebay ed Amazon

Ma si può leggere tranquillamente: andate sui social, vedete quale aspirante disegnatore, ha un grosso seguito di follower ed arruolatelo per disegnare la vostra sceneggiatura pretenziosa, vendite assicurate.
E’ normale che il Frank Carter di Coratelli e Latella, non sia poi così sponsorizzato dall’editore, anzi a leggere un post sulla pagina Facebook di Frank Carter, sembra che l’illuminato di Shockdom non tratti allo stesso modo tutti gli ospiti del suo sito, che possono essere ridotti canche ad adescatori di lettori.
Si capisce che in questo contesto il vecchio teorema di qualche tempo fa, non fa che  comprovarsi con nuove certezze, il cartaceo è appannaggio di determinate realtà, se un tempo l’editore in tutta autonomia sceglieva cosa proporre al pubblico, ora è il pubblico, che detta il trend di un fumetto, Ma col giusto tipo di occhi la cosa è anche peggio: qui da noi ormai, “orfani” di un background culturale fumettistico rilevante, a corto di grossi nomi che generino una corrente a cui affiliarsi, ci ritroviamo con l’edicola e la fumetteria piena di dilettanti presi in prestito da altri campi, ed ecco che in italia le fiere si riempiono di fenomeni passeggeri come Golem, Nick Banana, Agorafobia, Scottecs, Maicol e Mirco, Janus e compagnia cantante.
Va da se che un fumetto con solidi riferimenti alla bande desineè, con alle spalle un processo creativo, non ha molte cartucce da sparare, e per questo rischia di finire nel dimenticatoio, complice   l’aggravante di una scelta nel prezzo proibitiva.
48 pagine a colori su una carta di grammatura eccessivamente pesante, per 10,00€ sono troppi, per un fumetto che dovrebbe proporsi, ed infatti la Red Pub., è fallita.
Tuttavia spero che Coratelli e Latella, non demordano, e continuino nel loro lavoro, Frank Carter ha sicuramente buoni presupposti per guadagnare nuovi affezionati lettori, ottime potenzialità e Latella continuando in quella direzione potrebbe essere l’anello mancante tra l’italia che verrà (sis pera migliori) e Chic Young, o  Fernand Dineur.
Mi rifiuto di credere che tra voi non ci sia ancora qualcuno secondo il quale pattume non è sinonimo di  intrattenimento leggero.
Se potete in qualche modo rimediate da leggere Frank Carter, rimediando il cartaceo, il prezzo è folle, ma chi di solito bazzica le pubblicazioni minori non è vergine a certe realtà, oppure leggendolo on line sempre che la Shockdom nel suo aggiornamento non se lo perda per strada perché su Facebook piace solo a 210 persone.
Baci ai pupi.

mercoledì 11 novembre 2015

Crossed +100: l'apocalisse secondo Moore






Questo articolo è stato pubblicato su overnews magazine


 
Alan Moore ha sempre giocato con gli idiomi, questa attenzione (immancabilmente) critica  che il pubblico italiano ha rivolto alla miniserie Crossed +100, rispecchia tremendamente il grado di pigrizia a cui si sono arrivati i lettori della penisola.
Che io ricordi, Moore ha già giocato a fare Dio,  proponendo in passato storie con elaborate strutture di dialogo, in cui si divertiva a coniare nuovi termini e nuove lingue per la gioia dei traduttori.
Andando a memoria: Swamp Thing #32: Pog, (1985) -  in quell’episodio che di fatto è un toccante omaggio all’opera di Walt Kelly, Moore elaborò un nuovo linguaggio per gli alieni atterrati nella palude, ancor prima, su Warrior #9-10 (1983), nella storia che di fatto introduceva nell’universo di Miracleman i Warpsmith, Moore concepì di sana pianta un lessico per i giovani invasori del golfo, su 2000AD, nella bellissima Ballata di Halo Jones, seppur in forma minima c’è un’ intera griglia di nuovi termini. stessa storia per Skizz.
D’altrone il buon Moore ha sempre cercato di mettere i suoi fumetti  sotto una luce iper-realista, tanto a volte a riuscire ad infastidire i “lettori”.
Ricordiamo interi dialoghi lasciati non tradotti per espressa volontà dell’autore?
In Miracleman Libro Secondo, nella Lega degli straordinari Gentlemen Vol 1, i dialoghi in arabo e in mandarino, nel Vol  2 della stessa opera, addirittura a parlare senza che a noi lettori sia dato modo di capire nulla, sono dei marziani, Century, il dialogo tra Nemo e sua figlia, o ancora Nemo Le rose di Berlino, dove tutti  baloon in tedesco sono rimasti indecifrabili, per chi non mastica il crucco.
Anche nel suo romanzo La voce del fuoco, c’è una voluta sperimentazione sugli idiomi, ecco perché il vociare scettico intorno a Crossed +100 mi ha fatto sorridere.
O il lettore italiano ha poca memoria, o non conosce Moore, o come più probabile, è impigrito dalla dilagante mediocrità che affolla le edicole e gli scaffali delle fumetterie.
Parte della colpa la attribuisco comunque ai licenziatari di questo volume, in giro ne sento parlare pochissimo e male, una promozione del prodotto prossima allo zero, sembra che con alcuni titoli la Panini continui con gli errori già fatti con la Valiant, amesso e non concesso siano errori e non strategie, della serie “l’importante è che non le pubblichino gli altri”.
Fatto sta che è da qualche settimana è uscito il Crossed di Alan Moore, ed è proprio un piccolo gioiello.
Personalmente ho smesso di leggere Crossed dopo il secondo tomo, quello scritto in maniera orripilante da Lapham, annoiato a morte da queste letture tutte uguali.
Non che mi sia particolarmente dispiaciuto il primo, firmato da Ennis e Burrows, un fumetto apocalittico, dove il solito virus invece di renderti uno zombi cannibale, ti rende di fatto un insaziabile assassino seriale cannibale incline alle peggiori nefandezze, dal sodomizzare moncherini sangionolenti, al divorare i propri figli in culla.
Crossed lo avrei amato di più come volume unico, ma si sa la serializzazione è al contempo una necessità economica ed una pietra tombale sulla creatività, anche se ti chiami Alan Moore, che alla serialità delle cose non si è mai ne adeguato né piegato.
Il bardo con Crossed+100 ha fatto l’unica cosa che valeva la pena di fare per rivitalizzare il genere.
Non che poi, spostarsi 100 anni nel futuro sia questa grande genialata, sa di già visto, un romanzo di Justin Cronin, Il Passaggio, che ho letto qualche anno fa quando ero ancora capitolino, evolve proprio in questo senso, in seguito ad un incidente nella base del Progetto NOAH, un’istallazione dove venivano condotte ricerche su un virus trasmesso dai pipistrelli, e che rendeva gli essere umani degli insaziabili vampiri orribilmente mutati, l’umanità è vittima di un olocausto che trasforma la vita dei sopravvissuti in una continua lotta per vivere.

Quindi non è questo, né il coniare un nuovo linguaggio che dovrebbe fare urlare al capolavoro, al massimo quello che lascia entusiasti a fine lettura è la sensibilità unica dello scrittore inglese. Moore concepisce una sceneggiatura che non si sofferma sullo stereotipato orrore di un survival comics, al contrario gioca su una moltitudine di temi, senza trascurare la componente spaventevole che invoca chi compra questo genere di fumetti.


Crossed +100 come suggerisce il titolo, ma come anche vi hanno detto nei mille rumors che hanno preceduto questa miniserie, parla del futuro del mondo infettato ideato da Ennis, un secolo dopo l’esplosione del contagio, delle trasformazioni subite dalla società, e dei tentativi dell’uomo di recuperare il passato e ricostruire il viver civile.
Future la protagonista del fumetto è un’archivista., nel mondo utopico immaginato dal bardo, la funzione di recuperare informazioni storiche dal passato, è altrettanto importante come lo è recuperare viveri e materie prime. Un’ ipotesi affascinante e se non inedita, ancora non inflazionata.
Affascinante come le dichiarazioni di Moore in un' intervista in cui rivela cosa nasconde la scelta del nome Future.
Moore insomma continua imperterrito per la sua strada, dimostrando, semmai ce ne fosse bisogno, a tutti i simpatici troll da rete, di quelli che lo danno ormai per un autore in declino mentre leggono avidamente spazzatura seriale americana e non solo, che il suo metodo di lavoro è ancora certosino e francamente inimitabile, ed anche ad una cosa elementare come la scelta del nome di un character, è un passaggio studiato.
Future infatti è nata nel 2077, è solo un nome, ma getta basi solide sulla continuity di questa serie.
Il 2077 rappresenta il tempo in cui gli umani non infetti ricominceranno a ricostruire gli insediamenti, e far nascere nuovi esseri umani, “Future” ed “Hope”, futuro e speranza, saranno i nomi più usati, una sorta di buon auspicio per la razza umana.  


Queste sono le piccole differenze tra il bardo ed il resto del mondo, la sua minuziosa dedizione al media.
Andrade e Moore confezionano un prodotto altamente appetibile: le ampie inquadrature che l’illustatore brasiliano dissemina nella storia, che mostrano un mondo dove la natura si sta riprendendo i suoi spazi fanno da contraltare ai testi di Moore, come il diario di Future, una sorta di quiete che precede la tempesta.
E’ come ascoltare la Primavera di Vivaldi su una stazione radio che gracchia e non si riesce di sintonizzare, e la melodia è costantemente interrotta dai gutturali suoni del finale di Blind dei Korn., che invece poi ti esplode nel cervello improvvisamente nel capitolo 5.
Non posso spoilerare nulla, posso dire che questo Crossed, non ha nulla a che vedere con i due precedenti capitoli che ho letto io, la trama è costruita in maniera strepitosa, Moore a modo suo ci rende spettatori di un incredibile centenario, una trama che si risolve lentamente, insidiandosi nella routine di Future e nelle sue incursioni in un mondo in cui la natura è in rinascita, e dove apparentemente la piaga dei crociati sta scemando.

Non continuo dopo.

Devo decidermi di mettere il punto e chiudere, come Future chiude il suo diario, perché altrimenti vi rivelo mio malgrado qualche particolare della trama che potrebbe rovinarvi la sorpresa.
E’tutta colpa del bardo, quando si parla di lui, spenderei quintali e quintali di parole.
Va da se che nel mio piccolo, consiglio questo volume, Crossed +100 vale ogni centesimo del suo prezzo, è la classica ventata di aria fresca, l’ho letto in parallelo alla sedicente guerra di Kirkman su TWD, quell’accozzaglia di finti colpi di scena, parolacce e morti di personaggi di rilievo,che si è combattuta in questi mesi  tra Rick e Negan.

Inutile dire che per quante allucinanti teorie partorisca la rete su Kirkman, che secondo alcuni siti è il nuovo Moore, è lampante invece, che siamo su mondi diversi, da un lato c’è il fumetto mainstream ripetitivo, e dall’altro la pubblicazione autoriale. Riguardo l’edizione italiana, a Panini si possono muovere le solite critiche, il costo del volume e, come detto più su, la promozione dell’opera pari a zero, Panini da editore, sembra non aver alcun interesse nell’ampliare il bacino di lettori di questa collana, evidentemente confida nei soliti acquirenti, e nel passaparola in rete. Sembra anzi che faccia incetta di queste licenze “minori” per evitare che vengano prese da altri editori italiani, e perdere l’apparente monopolio dato dalle pubblicazioni Marvel.
Questa teoria altamente cospirazionista l’ho partorita da un po’ di tempo dopo aver visto con i miei occhi l’affondamento della linea Valiant, ed una serie di collane assolutamente non promosse ed affidate al caso.
La speranza è che la linea Avatar, che per lo più però edita roba tra l’appena sufficiente ed il molto mediocre, resti a galla. Nonostante gli sforzi inesistenti di Lupoi e co. di farla conoscere al pubblico. Per il resto a parte tremende gaffe nella traduzione non c’è molto altro da dire sull’edizione, per esempio “To Casper” che nella versione originale sta per “spaventare”, in italiano diventa “Fantasmare”, che non significa nulla. Una scelta che denota che chi ha tradotto, non ha inteso molto bene la volontà dello scrittore (originale).
Moore fin dalle prime rivelazioni, ha dichiarato che il suo Crossed+100 parla di un gruppo di uomini e donne con la volontà di ricostruire la società, una società estintasi nel secolo passato, e con essa il modo di parlare e comunicare, un modo ricostruito grazie anche agli sforzi degli archivisti, un mondo dove alcuni termini si sono persi nel tempo, come quello per descrivere lo spavento, Casperize, viene da Casper the Friendly Ghost, serie di cartoni animati del 1939, in cui lo spettro di un bambino, nonostante volesse giocare con le persone che incontrava, finiva per farle scappare via terrorizzate, soluzione perfettamente coerente con il certosino lavoro di Moore, tradurlo in Fanstasmare, solo perché Casper è un fantasma, va da se che riduce e svilisce il lavoro dell’autore.
Ma a parte queste cadute di stile tipicamente italiote, Crossed +100 resta una lettura imperdibile.
Direi che anche questo mese vi abbia detto tutto quello che c’era da dire.
Fatemi sapere cosa ne pensate.
Non resta che congedarmi.
Baci ai pupi.