Si, questo è un altro blog sui fumetti. E come suggerisce il nome, indica una malattia: la dipendenza dai fumetti.

Benvenuti nell'ennesimo posto del web, saturo di dissertazioni e soliloqui, commenti e suggerimenti sulla nona arte.
Perchè fondamentalmente, chi ama i fumetti, non ne hai mai abbastanza, e non solo di leggerli, ma nemmeno di pontificarci sopra.

I tag non bastano? Allora cerca qui


Fumettopenìa è dedicato a Fumettidicarta ed al suo papà Orlando, che dal 2009, non ha mai smesso di farmi credere che scrivessi bene! Anzi scusate, che scriverebbi bene. E se adesso migliorato, lo devo sicuramente ai suoi incessanti consigli.

domenica 20 dicembre 2015

Buon Natale da Fumettopenia!


Concedetevi un vaffanculo.
Mi rendo conto, che come incipit per gli auguri di natale, non è proprio il massimo della magia, ma rispecchia il personaggio che ormai mi sono cucito addosso.
Statemi a sentire, tenetevi un vaffanculo da parte, e tiratelo fuori quando sentite qualcuno lamentarsi del Natale, perchè è un coglione, poco ma sicuro, specie se non ha un serio motivo per lamentarsene, della serie "non so come dirglielo signor Rossi, ma dagli esami è maligno".
Tiratelo fuori senza alcuna riserva, specie se avrete la sfortunata sorte di ritrovarvi a chiacchierare con uno di quei dementi per cui "E ma che palle il natale!".
No mi spiace ma l'unico a cui e concesso una simile esclamazione è lo Scrooge di Dickens, ma Scrooge ha un suo fascino, Scrooge è un figo, tutti gli altri sono degli emeriti coglioni. Non c'è nulla di più bello del Natale: l'albero, le palle, gli addobbi, le luci, i film di Asterix, di Lucky Luke o di Macaulay Culkin alla TV, il cenone del 24, il pranzo del 25, a Napoli sono le 48 ore in cui vanifichi un anno di allenamenti in palestra, irrimediabilmente.
La frenesia dei regali, la gioia di vedere nascere i sorrisi sulle facce di chi li scarta, permettersi un liberatorio "evvai c'ho preso pure quest'anno!"
Non scherziamo, e' troppo bello il natale, lo ami fin da piccolo, d'altronde è l'unica festività che nel bel mezzo dell'anno scolastico ti concede un botto di giorni di festa, dopo la scuola è un privilegio che non tutti possono poi permettersi, forse gli insegnanti, io da infermiere non di certo. Il 24 sono di notte, tanto per dire.
Per cui, a quelli che lo vivono come uno stress, assecondateli in termini di vibrazioni negative, ed invece degli auguri, un bel "mavaffanculo deficiente, ammazzati!". Nirvana garantito. E nemmeno il bambinello Gesù neonato potrà rimproverarvi, certi vaffanculo, sono sacrosanti, proprio come i sacramenti.
Ora non conosco molte storie a fumetti sul Natale, ma una la conosco a memoria, per quante volte l'ho letta, ho schiantato l'albo che la contiene. E stasera l'ho digitalizzata per voi, perchè anche se siete una pletora di sboroni, esauriti, alienati nerd del cazzo, io vi voglio bene. Fondamentalmente avete fatto di questo blog ed il relativo gruppo su facebook, un gran bel posto dove pontificare sui fumetti, quindi ho spulciato la rete, fino a che non l'ho trovata in jpeg, l'ho salvata, cancellato i baloon inglesi e riscritti in italiano, fedele all'adattamento dell'odiato Lupo Marco Marcello, l'ho convertita in pdf e l'ho uppata sul profilo Issuu di fumettopenia, uno smazzo considerevole, persino un inno alla pirateria, ma ve lo meritate di brutto. Perciò miei amatissimi "semplici lettori" Buon Natale dal Monarca del Natale, dal terribile Babbo Destino. http://issuu.com/gennarospo/docs/auguri

venerdì 11 dicembre 2015

Le migliori letture del 2015



L’anno volge al termine, ormai mancano pochi giorni, poi saluteremo questo sfortunato anno, per accoglierne un altro con i migliori auspici: c’è chi sogna una Bonelli rivoluzionaria per davvero, chi si augura giurie meno esterofile in quel di Lucca, chi spera che la RwLion chiuda i battenti, e chi invece si chiede se nel 2016 arriverà mai quel fantomatico nuovo Kriminal, che addirittura qualcuno in Mondadori dava per settimanale. Chi continua a proclamarsi editore dell’anno e chi cerca invece di convincere i lettori che un nuovo catalogo distributivo, sancirebbe un nuovo modo di fare fumetto in Italia.
Ma a noi fottesega delle aspettative del 2016, tanto saremo sicuramente delusi. E soprattutto fottesega dei proclami dei piccoli e gandi protagonisti di questo nostro malato mondofumetto italiano, qui siamo semplici lettori ed un post del genere era d’obbligo in ogni blog che si rispetti, in questo mese di festa.
Perciò ecco le migliori letture del 2015 secondo fumettopenia, vale a dire secondo il vecchio burbero perennemente incazzato con le major italiane, che scrive da qualche anno su questo modesto blog, quindi dieci letture, dieci titoli, per le quali si deve tenere conto delle mille antipatie che nutre colui scrive, le incompatibilità che coltiva l’homunculus di Cardillo Gennaro nei bui anfratti del suo animo, nei confronti dei vari esponenti di questa triste editoria italiana.
Senza indugiare oltre stileremo due chart, una inerente il materiale edito nel 2015, che siano ristampe o materiale inedito, l’altra con i migliori dieci recuperi fatti durante l’anno, quindi di materiale già pubblicato in passato, e per un motivo o per un altro comprato solo adesso

Un motivo o per un altro è un modo di dire che sono acquisti pilotati dai suggerimenti degli utenti del gruppo su facebook, sempre gravidi di costosi consigli. Mortacci Loro.

Cominciamo dal basso

10. Antman (Marvel Panini Comics di Spencer - Rosanas) – Non tutte le sottomissioni al media cinematografico vengono per nuocere, il recupero di Scott Lang (il secondo Antman) fatto in concomitanza con l’uscita della pellicola omonima, ha dato buoni risultati, in barba ad ogni mia bassa aspettativa, inficiata da un tremendo pregiudizio verso la nuova Marvel, i primi due numeri del bimestrale dedicato al giustiziere più piccolo del Marvel Universe, mi hanno così divertito che si è guadagnato un posto fisso in libreria. Anzi a dire il vero, l’amore del buon Spencer verso il personaggio, non solo mi ha spinto a rileggere le vecchie storie di Antman su Iron Man (Play Press), ma addirittura a comprare l’essential Marvel dedicato al personaggio con le primissime storie apparse su Tales to Astonish.
Lo sconosciuto Ramon Rosanas ha contribuito non poco all’infatuazione, con un tratto pulito, semplice ma mai minimalista anzi al contrario, preciso e perfezionista.
Antman si è rivelato una deliziosa lettura, un giusto compromesso tra la nuova Marvel troppo ironica e spiritosa ed cari i vecchi classici fumetti dei supereroi con superproblemi tanto cari a quelli come me che già da qualche tempo hanno perso il primo pelo ormai, ma non il vizio della lettura.

9. Gli Sterminatori (The Life Eaters – Wildstorm Editoriale Cosmo di Binn - Hampton) -   Una graphic novel uscita quasi in sordina, sotto l’etichetta dell’ editore più criticato in Italia, meno male che nonostante i tanti denigratori della domenica, la Cosmo non demorde, anzi prosegue la sua lenta e silenziosa invasione delle edicole. Gli Sterminatori rientra nella categoria di storie di fantascienza etichettate come in nome di letteratura ucronica, vale a dire quei racconti e quei romanzi che basano la trama su variazioni della storia, in Life Eaters per esempio, si immagina un futuro in cui  tedeschi ed Hitler hanno vinto la seconda guerra mondiale, grazie anche all’aiuto degli dei della mitologia scandinava. Veramente una lettura appetibile, che grazie al formato low cost cosmo ha trovato l’utopica via della distribuzione da edicola a prezzi contenuti. Mi immagino se la licenza fosse caduta nelle mani di Foschini, stesso formato prezzo doppio ad essere fortunati. Una lettura da fare indubbiamente.



8. Manifest Destiny (Skybound Saldapress di Dingess - Roberts) – Del Destino Manifesto degli Stati Uniti d’America secondo la Skybound abbiamo già parlato in passato sul blog, per la precisione qui, in questa sede, ribadiamo solo che l’avventura fanta- horror che rivisita la spedizione di Lewis e Clark agli inizi dell’ 800 raccontata da Dingess, è sicuramente una delle letture più interessanti di quest’anno. Un secondo tomo di gran lunga più appetibile e coinvolgente del primo, che getta una strana luce sulla spedizione, sui suoi membri e le effettive motivazioni.
Indubbiamente una piccola perla nel monotematico catalogo della Saldapress, d’altronde se hanno annunciato lo spillato da edicola proprio di questa serie, nel mare di roba skybound che hanno in licenza, un motivo ci sarà. L’unica serie non di Kirkman finora a godere del passaggio alla grande distribuzione da edicola, rifletterei su questo. Titolo da tenere in grossa considerazione.
Ah se solo i dinosauri della Bonelli gli dessero un occhio a questo titolo, il nostro caro Zagor, potrebbe apprendere tanto in quelle pagine per aumentare i suoi fan rubandoli in un bacino di una età inferiore ai 50 anni.

7. Le sentinelle (Robert Laffont Panini Gazzetta Ai confini della storia nn18-19 di Dorison - Breccia) – Un capolavoro vero. Il mito del superessere, rivive grazie al genio di Xavier Dorison, nel contesto della prima guerra mondiale. Imperdibile davvero. Per approfondimenti e delucidazioni pregasi cliccare qui.

6. Gotham Central (DC comics RwLion di Brubaker – Rucka – Lark – Scott )- Riproposta in edizione economica in edicola in bianco e nero a formato ridotto, il poliziesco ambientato nella Gotham City di Batman si è rivelato una piacevolissima compagnia, un fumetto sui crimini a Gotham ma con la precisa volontà di ridurre le apparizioni di Batman e co. ai minimi termini, giocando sulla caratterizzazione dei personaggi e sullo sviluppo di storie che si ispirano direttamente ai telefilm del genere, con una particolare attenzione sulla vita e la routine lavorative dei detective della squadra Unità Crimini speciali capeggiata dalla Sawyer, una fantastica serie di cui speriamo di vedere il finale, visto che il mensile bonellide RwLion è fermo al numero 9 dallo scorso agosto, per motivi ancora ignoti.

5. L’Incal (Metal Hurlant Editoriale Cosmo di Jodorowsky – Moebius) – Le avventure del Detective di classe R, il demotivato sciatto egoista chiamato J. Difool, in assoluto un capo nella classe degli antieroi.
Un classico della Bande Desinee degli anni ’80, che ritorna in edicola in un edizione abbordabile anche ai proletari. Visionario, lisergico, stupendamente illustrato Moebius, la folle corsa tra gli elementi più atipici e carismatici dell’universo alla conquista dell’Incal, un misterioso manufatto alieno senziente, depositario di un immenso potere. Un must have. Qui la recensione del primo numero.




4. Little Nemo Return to Slumberland (IDW inedito in Italia di Shanower-Rodriguez) – Chi segue il blog o il gruppo Facebook, sa benissimo la malcelata passione che l’homunculus di fumettopenia nutre per i grandi del passato, tra questi, un grandissimo Winsor McCay, del quale abbiamo parlato abbondantemente qui. Re Morfeo di Slumberland, chiede ai suoi studiosi di trovare un nuovo compagno di giochi per la sua piccola principessa, la scelta ricade ancora una volta su un NEMO, stupenda rivisitazione della favola creata agli inizi del 1900. Un bellissimo omaggio all’opera di McCay che si spera prima o poi, qualcuno di questi sedicenti editori italiani, decida di riproporre in Italia, quella si che sarebbe una vera rivoluzione. Little Nemo Return to Slumberland, narra del ritorno di un poccolo Nemo nel regno dei sogni di Morfeo, Shanower e Rodriguez in gran forma per ridare lustro e gloria da una striscia immortale, con un eccellente lavoro citazionistico, bravissimi nel catturare il giusto spirito dell’illustratore statunitense, per riadattarlo al media fumetto, più di 100 anni dopo, con un risultato sublime, che ha portato anche alla premiazione agli Eisner Award. Imperdibile, come la striscia originale.

3. Crossed +100  (Avatar Press Panini Comics di Moore – Andrade) – Per avere un’idea di quel che capoccia Moore, nella sua personale interpretazione del plot ideato da Garth Ennis, si prega di cliccare qui. Il secondo omicidio della società civile, proprio nel momento in cui quest’ultima stava rinascendo nuovamente. E non ho altro da aggiungere. Il maestro è tornato lunga vita al maestro.

2. Multiversity (DC Comics RW Lion di Grant Morrison e AAVV) – Se la Lion aspettava ancora un altro po’, Multiversity rischiava di diventare anche una migliore lettura del 2016, sparita dagli annunci da agosto, è solo a fine novembre che ci è stato modo di leggere l’epilogo di questa fantastica saga. Un capolavoro di metafumetto, dove la trama non fa che saltare dentro e fuori delle griglie della tavola, certosino lavoro documentaristico, amore puro per il media ed il genere supereroistico, con una forte personalità e la coscienza di essere una personalità di rilievo nel mondo del fumetto mondiale, Morrison torna in DC e riprende le sue idee che aveva già seminato in varie opere, come All star superman, Crisi Finale, One Million.
Di fatto la prima Crisi DC, senza il classico suffisso Crisis, i supereroi più iconici della letteratura illustrata contro i peggiori nemici che abbiano mai affrontato, le major, il merchandising, ed i ……lettori.
Impossibile non leggerlo. Un ‘epica guerra metaraccontata con l’ausilio dell’intramontabile multiverso DC, una soluzione che ha fatto gola anche al buon Jonathan Hickman per la sua Marvel Secret Wars, in uscita in questi giorni nelle edicole italiane.

in post produzione del post : 
2.Bis Annihilator (Legendary Italy Comics di Morrison - Irving) 
Recensione QUI.
Morrison alle prese con un Thriller fantascientifico claustrofobico ed opprimente, stupendamente illustrato da Frazer Irving, da poco portato a termine dalla ItalyComics, con una maggiorazione del prezzo francamente poco gradevole, letta giusto oggi, si incunea di prepotenza nei Best Three. Quando si lascia Morrison a briglia sciolta ha davvero poco da invidiare al nostro amatissimo Bardo.


1. Miracleman  (Eclipse – Panini Comics di Moore – AAVV) – Il vero papà del revisionismo dei supereroi di cui sul blog abbiamo parlato un paio di volte, anche con qualche errore sulla scelta dello spillato italiano.Qui e Qui.
I sedici numeri di Miracleman, i tre libri ideati da Moore, nella saga che rielaborava il vecchio character di Anglo, è e resterà probabilmente ancora per qualche anno il miglior evento editoriale italiano. Miracleman, è arte pura. Grande cura della prosa narrativa, impensabile (a quei tempi) uso ed abuso del plot del supereroe, insomma se vi siete persi Miracleman quest’anno, mi spiace davvero dirlo, ma avete comprato tutto fuorché capolavori. Che apprezziate o meno le calzamaglie, Miracleman trascende il genere supereroistico e nel corso di tre libri regala una marea di emozioni, con una prosa che anche oggi è semplicemente un miraggio.

Si come potete vedere in questa personalissima top ten mancano molti cataloghi, Bao per esempio, Bonelli, 
-AHAHAHAHAHAHA Bonelli, davvero pensavate che figurassero tra le migliori letture del 2015 degli albi Bonelli? Che so Magari Orfani o Ringo! AHHAHA ma che ve dice il cervello dico io?-  molti titoli della Salda Press, ma se non fosse così non sarebbe la Top Ten di Fumettopenia, spero che vorrete condividere la vostra, qui nei commenti o nel gruppo Facebook, così se famo le due proverbiali risate, più interessante della top ten del materiale uscito quest'anno in fumetteria edicola sarà interessante leggere cosa invece avete recuperato e sopratutto perchè.
Se 10 titoli in questa prima chart mi stavano larghi, in quella dei recuperi confesso che dieci slot sono davvero poche quindi facciamo 20, in ordine sparso tra i recuperi di quest'anno che mi sono davvero goduto nel leggere e che vi consiglio caldamente:
1. L' Ulysse di Lob e Pichard
2. Capitan Bretagna di Jamie Delano
3.Scalped di Jason Aaron
4.Top Ten, compresa di Quelli del '49 di Alan Moore
5.Skizz di Alan Moore
6.Docteur Mystere di Castelli
7.Astro City di Busiek
8.Re in incognito di Vance
9.Planetary di Ellis
10.Supreme Return di Alan Moore
11.Le avventure di Luther Arkwright di Brian Talbot
12. La saga dell'anello dei nibelunghi, l'adattamento di P. Craig Russel.
13. Rocketeer di Dave Stevens
14.Dracula di J.J. Muth 
15.Wednesday Comics AAVV
16.Enigma di Milligan
17.Kid Eternity di Morrison
18. Deathlok di Bucker
19.La ballata di Halo Jones di Alan Moore
20. Il Superman di Byrne, quello Silver Age che ha fatto da scheletro delle avventure del Tristone Intelettuale quindi le storie di Coleman e Binder nonchè il massiccio recupero dello spiderman di Lee Ditko.
Ammazza quanto ho speso quest'anno....
Tocca a voi adesso baci ai pupi.

giovedì 3 dicembre 2015

Il Dylan Dog di Ratigher




Sottotitolo: La sospensione dell’incredulità

Vediamo se ho capito bene:
C’è questa tizia che si fa almeno 800km, metti otto ore di macchina senza fermarsi mai (utopico), per andare a Londra da Dylan Dog per chiedergli di indagare sulla scomparsa di una sua cara amica, abbastanza zoccola, che in paese per ammazzare la noia la dava a tutti, cani e porci.
Arriva a Londra, che è mattino, insomma c’è ancora la luce del giorno, entra in casa dell’indagatore, dopo aver interagito con il più brutto Groucho che io abbia mai letto (a proposito, ma non era sparito con il nuovo corso di Dylan Dog il poro Groucho?), spiega a Dylan le cause della sua visita e tenta di farselo, così a bruciapelo.
L’evento evolve in modo che inspiegabilmente, ah prima che me lo chiedete, i dialoghi sono pietosi, la caratterizzazione latita, dicevo inspiegabilmente Dylan torna con la tipa in Scozia, in un posto che non esiste, Port Frost.
Sono altri 800 Km, questa tipa quindi fa in una giorno 1600km più o meno.
No, non è una camionista di professione, è una maestra d’asilo, e a giudicare dalle fregole, è un poco zoccola come l’amica scomparsa, ma si sa che la vita di paese, è noiosa e monotona,  e per rallegrare le giornate uno si inventa quel che può, anche trombare a destra e a manca, lustri  e lustri di commedia sexy all’italiana con Alvaro Vitali e Renzo Montagnani insegnano.
Chissa Ratigher quante ne ha viste di commedie sexy all’italiana per scrivere una sceneggiatura così.
Dunque, il nostro eroe e la sua nuova cliente, con un semplice caso di sparizione, senza mostri senza, vampiri, senza fantasmi, senza più il caro vecchio quinto senso e mezzo a giustificare mille vecchie avventure, arrivano in Scozia in tempo, guarda un pò, per vedere i funerali dell’amica scomparsa, quella abbastanza zoccola. 
A proposito in Scozia, sedici ore dopo è ancora giorno.
Quindi, nell’arco di sedici ore, a tenersi stretti badate bene, in un paesello che non esiste, viene ritrovato il cadavere di una donna scomparsa, viene fatta l’autopsia dal coroner, viene restituita la salma ai familiari, e viene organizzato il funerale.
Ma il curatore dov'è?! Non c'è è su facebook, impegnato a celebrarsi sulla sua bacheca per i mille impegni nel mondofumetto di provincia italiano.
Torniamo a noi, e che funerale!
Donne imbruttite che si fanno i selfie, nei pressi della bara, berciando maleparole nei confronti della defunta, d’altronde le donne sono così, più sei bella, più sei mignotta.
Tifosi che intonano cori da stadio, bambini morbosi, curiosi di assistere ad una sepoltura.
Stereotipi scadenti come se piovesse.
Vien da chiedersi Ratigher che gente conosce, e a che funerali è andato.
Parlando di stereotipi, c’è anche un marinaio vestito come il Capitano dei bastoncini, che versa sulla bara un bicchiere di… di cosa? Acqua di mare? Acqua potabile? Vino? Piscio di capra? Whisky?
Mica ci è dato saperlo.
L’intera sceneggiatura sembra scritta a cappella, direbbe er Piotta.
E poi lì, in mezzo a tutti quegli stereotipi, le megere invidiose che si fanno i selfie, i tifosi ubriachi, i bimbi morbosi, la povera Fiona (la maestra d'asilo), un personaggio in cerca d’autore, ha una crisi isterica stereotipata.
Grida vendetta, la Fiona, butta le braccia al collo di Dylan e piange , non resta che portare la tipa a casa, e cambiare la location.
Vi risparmio i dettagli, vi voglio bene, ma posso dirvi che ad un certo punto lacrimavo sangue come una madonna addolorata.
Vi basti sapere solo che in quelle particolari pagine mi imbatto in una vignetta che ovviamente buca la griglia classica dei Bonelli,  -fateci caso è un tema ridondante quello dello stravolgimento della griglia classica bonellide da quando c’è Recchioni in giro.
Rivoluzione irriverente. Povero Sergio.
Comunque  vi stavo parlando di questa particolare vignetta, appena l’ho vista ho avuto un brivido lungo la schiena: i due personaggi di profilo uno di fronte all’altro, alle loro spalle lo spazio diviso in due precisi rettangoli, il bianco per Dylan Dog, che parla bonariamente di cose senza senso, sdrammatizza, manco alla tipa gli fosse morto il gatto, il nero per la povera Fiona, con il lume della ragione andato, perso nell’angoscia e nella rabbia per la recente perdita. Il bianco ed il nero, due registri comunicativi così diversi ed incompatibili, in quel frangente.
 Deja-vu, Asterios Polyp, Mazzuchelli. Prego iddio di sbagliarmi.



Sarebbe troppo imbarazzante.
Sarebbe come la scimmia che imita l’uomo, il risultato è comunque sempre grottesco.
Si fa notte finalmente, anche in questo piccolo paese della Scozia che in realtà non esiste, Port Frost è solo  l’ennesima forzatura in una trama forzata come i lavori, Port Frost esiste per poter citare i Led Zeppelin, il fumetto ipertestuale che piace tanto al Rrobbe.
Si fa notte, si dorme, senza sesso però, si tromberà più in là, in una tavola con griglia a nove vignette senza parole, come se ci si potesse permettere il lusso di ammutolire sequenze di immagini senza senso, e l’indomani Dylan finalmente ha un unico pensiero coerente, fa l'unica azione umanamente accettabile, sente di non essere di alcun aiuto lì, ma è solo una brevissima parentesi, poi Ratigher riprende a ruota libera, lui vuole rientrare a Londra, lei non vuole riportarcelo e come si fa?
Il treno direte voi. Bah come siete ordinari.
Invece no, qui siamo in pieno fumetto autoriale, sul treno ce lo avrebbe messo Sclavi, Manfredi, chiunque di queste vecchie mummie che hanno ucciso il fumetto italiano.
Qui siamo in piena rivoluzione bonelliana.
Ratigher invece porta Dylan al bar del paese a “cercare un passaggio per Londra”.
Siamo ad ottocento km da Londra, in un buco di culo di paese…è come se io adesso andassi al bar del buco di culo di paese in cui abito nella provincia di Pavia e chiedessi ai clienti se qualcuno è diretto a Roma.
E’più o meno qui, a questo punto della non-storia che realizzo che sto leggendo una delle cose più ridicole da quando mia madre mi ha messo in mano il  primo Topolino, per farmi stare zitto e bono.
Avrebbe avuto più senso se tirava fuori questo famoso smartphone e si collegava a blablacar.
Quanto disagio, quando pressappochismo, quanta inesperienza, quanta ignoranza del mezzo, e secondo il Rrobbe sarebbe un autore emergente dell ascena autoriale italiana? Ma il rrobbe l'ha letta sta cosa prima di apporci il timbro "approved"? O per il nuovo lettore bonelli, quello perennemente connesso on line, doveva bastare il nome in copertina?
Ma come ha fatto a firmare la storia di un personaggio che 20 anni fa rappresentava il fumetto in Italia? Ma come abbiam fatto a ridurci così?
Ma avete fatto a ridurvi così? Mi correggo.
Peggiora comunque, so che sembra impossibile ma peggiora, manca ancora molto prima di arrivare a 98 pagine, purtroppo.
Impossibilitato a rientrare, Dylan comincia ad indagare, su cosa? Non si sa.
Si ritrova in un altro bar, dove il barista ubriaco già di prima mattina che fa?
Bravi Singhiozza. Stavolta è con il marinaio di pocanzi, il capitano Findus, che ovviamente in quanto depositario della conoscenza è considerato il matto del paese.
Aprite gli ombrelli piovono stereotipi.
“Devi andartene da qui ragazzo o morirai qui!”
Fermatevi e fate mente locale e contate in silenzio quante volte avete sentito questa frase nella vostra vita di lettori.
Il vecchio parla della leggenda della strada costruita dai giganti, delle pietre esagonali, quelle presenti anche sulla cover del disco dei Led Zeppelin, col senno di poi sembra che l’intera baracconata sia costruita per far capire ai lettori che Ratigher è uno di noi, di voi a dire il vero, che  ascolta i Led Zeppelin, il resto della leggenda è frutto della mente dell'autore, non c’è alcun maleficio sulle rocce esagonali, al contrario, quelle irlandesi, quelle della cover del disco, sono state dichiarate patrimonio Unescu, pensa te, pure una querela dall'ente del turismo irlandese rischiamo, meno male che Dylan dog lo leggiamo per lo più solo in provincia d' Italia, il maleficio è come Port Frost, non esiste, è una forzatura, una non svolta in una non storia.
Solo una cosa è certa, le acque del mare che bagna questa sfortunata costa della Scozia si stanno ritirando, e stanno esponendo  alla vista dei protagonisti di questo dramma, quel misterioso pavimento di rocce esagonali, e più metri quadri di pavimento maledetto si palesano, più la gente impazzisce e diviene cattiva.
Ecco perché è morta l’altra zoccola, quella scomparsa, Molly si chiamava, morta perché l’aveva data troppo in giro, a tutti tranne che al papà.

Piovono stereotipi e luoghi comuni, riparatevi che l'ombrello non basta più.

E finalmente Ratigher comincia la discesa verso il finale, verso un'altra vignetta che buca la griglia bonelli, verso un'altra stronzata, in un albo che ne è saturo.
E' l’apocalisse, il mare sparisce del tutto e rivela il suo letto, qui e li stelle marine e granchi, il tipo forse ha letto Dagon, forse possiamo sperare che non è tutto il tempo connesso sui social ad ammaestrare i fan ad apprezzare la sua scrittura.
Ma un HP, non fa primavera, al porto o in cima ad una scogliera, non ricordo più, il vecchio pazzo quasi piange, ha le mani sugli occhi, ed è incapace di sostenere la vista di questa visione aliena, la costa prosciugata dal mare, è come un vecchio amico reso irriconoscibile da un incidente, da una serie di ferite, e cosa si disegna in questo riquadro per enfatizzare la didascalia?
Dylan Dog sfigurato. Ma è ovvio, d’altronde il marinaio lo conosce da meno di 12 ore, chi meglio di Dylan Dog può esprimere il concetto?
Rivoluzione irriverente, sinergia sperimentale tra chi scrive e chi disegna…o forse no, semplici dilettanti allo sbaraglio in una casa editrice in cui regna un' anarchia assoluta.




A me piace pensare che quel Dylan Dog dilaniato, è li per me, per me che non leggevo una sua storia da più di 18 anni, un vecchio amico che ho seguito per più di 100 numeri ma che poi ho lasciato perdere, quella didascalia, mi piace pensare sia rivolta a me e a tutti quei lettori che hanno maturato la loro passione per la lettura anche con Bonelli, che ora è irriconoscibile, dilaniata da una pletora di pippe vere  rese dive dalla rete, che si credono autori di fumetti.
Vi dico il finale?
Ma  il finale non c’è.
3,50€ o giù di lì, ma non ti è dato sapere perché l’acqua sparisce, ne perché ricompare inghiottendo l’ultima zoccola superstite, il vecchio albo di Dylan Dog sarebbe finito con l’indagatore seduto alla sua scrivania antica, a casa sua, annotando sul suo diario l’inspiegabile vicenda, il vecchio Dylan Dog, avrebbe tentato di esorcizzare la sua esperienza, cercando spiegazioni plausibili degli eventi, qui, nulla di tutto ciò, l’acqua così come va via senza motivo, torna senza motivo, e sommerge Port Lost.
Perché? Il perché non conta, conta solo che avete tra le mani il Dylan Dog del famoso Ratigher, mica in bonelli stanno a pettinà le bambole.
Stringete tra le mani la prova che ci siete anche voi, lettori, autori, tutti connessi, tutti convinti di essere parte di un imperdibile momento della vita dell’editoria italiana.
Quell’irriverente giovane energia che alla fine prevarrà sul vecchio. Magari il prossimo che chiamano a scrivere è Sio.
Ma a mio modestissimo parere siete testimoni degli ultmi rantoli, e ai tempi di Sergio robe del genere avrebbero visto la via della pubblicazione, forse nelle pagine dei cloni di Dylan Dog, orrori veri tipo Dick Drago o Gordon Link. A Recchioni, se accetta consigli da semplici lettori, poco inclini all'incanto che può dare rapportarsi sui social con il loro autori preferiti, posso solo dire, leggi di più cosa fai pubblicare, perchè se questa è la rivoluzione e questi sono i Robespierre....povera Italia.
Baci ai pupi.

venerdì 20 novembre 2015

Frank Carter una Spia per Caso.



Chi segue il blog con una certa costanza sa benissimo cosa ne penso dei webcomics.
Indubbiamente il mio è un giudizio molto totalitario e pessimista, senza alcuna sfumatura di grigio, e senza nemmeno troppe zone bianche ad essere onesti.
Anzi per me l’aria dilettantistica che permea questa sottocategoria del fumetto italiano, che sembra per giunta ormai l’unica cosa che lo tenga in vita, come una sorta di residuato di respiratore artificiale, per lo più è un’ immensa distesa nera altrochè, la classica foresta piena di trappole e perigli da evitare, come nei migliori romanzi fantasy.

I signori della giuria tengano presenti le attenuanti prima di formulare una condanna per questo talebano.
D’altronde la stragrande maggioranza delle volte che mi sono rapportato a questa realtà, mi sono imbattuto in lavori, autoreferenziali, pretenziosi ed…inutili.
Parlo di robe come Maicol e Mirco, o i lavori (lavori, che Dio mi perdoni) del Dottor Pira, che in cuor mio spero prima o poi si accenda e si consumi per davvero, per il bene del futuro dei tessuti neurologici dei giovani hipster amanti del fumetto on line di facile fruizione che lo seguono, talmente facile che basta un click per esprimere l’iterazione con il media, e poco conta se in quel frangente frenetico ed iperveloce, si capisca poco o nulla di quello che l’autore vuole dire, questo nell’ottimistica ipotesi che voglia effettivamente dire qualcosa.
Il fine ultimo in questi casi il più delle volte è il like, il follow, lo share, il pin it, che ne so, scegliete voi il social che più vi aggrada, un’azione comunque lontanissima dal concetto di lettura che si riduce fondamentalmente a “è un grande momento per il fumetto underground italiano ed io c’ero” o se volete “ehi sono cool, anche io leggo la satira esistenzialistica di maicol e mirco.”
Poraccio de te.

Quindi non è strano se prima di adesso, io non avessi alcuna idea di chi fosse Frank Carter, spero di non aver fatto casino con i congiuntivi.
Proprio perché Frank Carter nasce come striscia web.
Quello di Coratelli e Latella è un fumetto nostalgico; strutturalmente si rifà alla strip, ed è una piacevole coincidenza che mi sia capitato tra le mani adesso che sono preso da determinate letture, tutto attento, ai tempi, ed allo storytelling prigioniero di determinate griglie, come per l’appunto le strip, ed i fumetti inglesi della 2000AD, fumetti dove era imperativo per gli autori, condensare in poche pagine appetibilità ed aspettative nel lettore.
Vi anticipo subito che entrambi gli autori dimostrano in queste 48 pagine di aver inteso appieno ka kezione del passato. 


Seppur in maniera molto più scanzonata i due racconti del volume in esame fanno pensare ad un ibrido tra il belga Tif et Tondu di Fernand Dineur ed un timido omaggio ad Hergè, ho letto in giro che c’è chi colloca questo fumetto  come un derivato del Dick Tracy del maestro Chester Gould, ma in realtà non ci siamo nemmeno vicini, Frank Carter attinge dal filone delle spystory, ma lo fa senza troppe pretese, d’altronde come lo stesso Zamberlan, un illustratore indipendente con un interessante portfolio in rete, anticipa nella sua introduzione che  Frank Carter è una lettura concepita per la rete, quindi esige di essere fruibile ed immediata, delega la sua appetibilità fondamentalmente ai colpi di scena ed una trama leggera e lasciate che ve lo dica, non mancano nessuna delle due cose, non è un romanzo seriale di mission impossibile, né un fumetto che scimmiotta 007, Frank Carter come il Tin Tin di Hergè è un semplice civile, che per una serie di eventi si ritrova fino al collo in un intrigo spionistico, il paragone con il capolavoro di Hergè, non è solo una sviolinata, Latella può anche risultare ancora un po’ rigido o timido, scegliete voi il termine più idoneo, per non smontare un illustratore sicuramente dotato, ha comunque uno stile assolutamente europeo, il suo tratto pulito esaudisce ottimamente le richieste dello scrittore Carlo Coratelli, che dal canto suo confeziona due storie brevi attingendo da collaudati plot del passato, Equivoco a Casablanca sembra la classica commedia degli errori che potreste trovare in un teatro qualsiasi in città, scoprendovene per altro innamorati.
Insomma Frank Carter  le avventure di una spia per caso è una deliziosa lettura, caldamente raccomandata agli amanti del genere, paradossalmente, nonostante nasca in rete trovo che si presti di più alla carta stampata, anche per via del fatto che ha ben poco a che spartire con i suoi compagni di megabyte.
La sfiga di questo personaggio è che è troppo lineare, Frank Carter, non molla scoregge, non rutta, è privo di donne  con la quinta e le poppe al vento, non parla in modo sconnesso, non fa umorismo non sense, non si autoreplica sui social in modo virale, non si presta alla comunicazione a mò di meme.
In effetti delle specifiche richieste dal mondo web italiano, decisamente grottesco se posso azzardare un’ opinione, ha soltanto l’immediatezza, per il resto Coratelli e Latella, poveri ingenui sognatori vogliono soltanto fare del buon fumetto dai canoni classici.
Con qualche finezza da manuale come dimostra il cameo al presidente degli Stati Uniti d’America più oscuro di sempre.
Ma da adesso finiscono le belle parole.
In Frank Carter, non ci sono macchie amorfe nere su sfondo rosso che dicono cose tipo:
“Togliti le mutande adesso ti trombo a sangue”
e l’altra risponde: “Tanto tutti prima o poi dobbiamo morire”.
Non c’è quella spazzatura autoreferenziata tipo Iodosan della pattuglia spaziale, che fa tanto fumetto underground per i lettori sinistroidi dell’Internazionale (prima che me lo chiediate, sono di sinistra, ma la cosa non mi ha mai creato problemi di gusto),  non c’è nemmeno il nonsense per tutta la famiglia senza capo e ne coda di Sio.
Frank Carter è un fumetto alla vecchia maniera, Coratelli non è a capo di un’ex sito web improvvisatosi editore, e peggio ancora scrittore, reclutando personaggi che con il fumetto hanno ben poco in comune, Latella, così su due piedi, a vedere i suoi lavori, non sembra senta il bisogno di disegnare papere alienate intente a farla nel piatto doccia, snocciolando massime esistenzialistiche, in un vago decostruzionismo di personaggi che sa di già visto altre mille volte in passato.
Eppure sembra sgomiti invano per farsi posto tra i fumetti della nuova generazione.
Invano perché, il sito web su cui erano e (presumo) sono ospiti le strisce, è lo stesso sito web che ospita i lavori di Sio, editore di prelibatezze come Maschera Gialla, Noumeno e Agorafobia.
Rendemose conto.
Il cui capo per sua stessa ammissione in millemila interviste tutte identiche, sembra avere le idee molto chiare su dove debba andare il fumetto, e su chi debba farlo, credo di aver letto da qualche parte, che un fumetto per vendere non necessariamente deve essere fatto da fumettisti, un discorso che non fa una grinza, se si considera che la star della suddetta casa editrice, effettivamente non è un fumettista, ma sono pronto a giurare che nemmeno chi legge certa roba possa propriamente definirsi un lettore di fumetti.
Tutte le volte che leggo del boss di Shockdom, mi sbellico dalle risate, una laurea in fisica, al lavoro in rete senza grossi successi da qualche lustro, un’unica intuizione, di arruolare un ragazzino con un canale youtube seguitissimo, specchio dell’Italia giovane di oggi, che forte del suo primo fumetto (etichetta Shockdom, magari non significa nulla, magari si), addirittura fornisce in rete consigli su come fare un fumetto. Tra questi:

 Bisogna definire una linea artistica coerente con la storia e il suo messaggio, e di conseguenza scegliere il disegnatore adatto. Può sembrare scontato, ma in una storia il cui contenuto può essere molto complesso o intricato, avvalersi del disegno giusto può contribuire a renderla più chiara e appassionante“.

La copertina del volume della Red Publishing reperibile su Ebay ed Amazon

Ma si può leggere tranquillamente: andate sui social, vedete quale aspirante disegnatore, ha un grosso seguito di follower ed arruolatelo per disegnare la vostra sceneggiatura pretenziosa, vendite assicurate.
E’ normale che il Frank Carter di Coratelli e Latella, non sia poi così sponsorizzato dall’editore, anzi a leggere un post sulla pagina Facebook di Frank Carter, sembra che l’illuminato di Shockdom non tratti allo stesso modo tutti gli ospiti del suo sito, che possono essere ridotti canche ad adescatori di lettori.
Si capisce che in questo contesto il vecchio teorema di qualche tempo fa, non fa che  comprovarsi con nuove certezze, il cartaceo è appannaggio di determinate realtà, se un tempo l’editore in tutta autonomia sceglieva cosa proporre al pubblico, ora è il pubblico, che detta il trend di un fumetto, Ma col giusto tipo di occhi la cosa è anche peggio: qui da noi ormai, “orfani” di un background culturale fumettistico rilevante, a corto di grossi nomi che generino una corrente a cui affiliarsi, ci ritroviamo con l’edicola e la fumetteria piena di dilettanti presi in prestito da altri campi, ed ecco che in italia le fiere si riempiono di fenomeni passeggeri come Golem, Nick Banana, Agorafobia, Scottecs, Maicol e Mirco, Janus e compagnia cantante.
Va da se che un fumetto con solidi riferimenti alla bande desineè, con alle spalle un processo creativo, non ha molte cartucce da sparare, e per questo rischia di finire nel dimenticatoio, complice   l’aggravante di una scelta nel prezzo proibitiva.
48 pagine a colori su una carta di grammatura eccessivamente pesante, per 10,00€ sono troppi, per un fumetto che dovrebbe proporsi, ed infatti la Red Pub., è fallita.
Tuttavia spero che Coratelli e Latella, non demordano, e continuino nel loro lavoro, Frank Carter ha sicuramente buoni presupposti per guadagnare nuovi affezionati lettori, ottime potenzialità e Latella continuando in quella direzione potrebbe essere l’anello mancante tra l’italia che verrà (sis pera migliori) e Chic Young, o  Fernand Dineur.
Mi rifiuto di credere che tra voi non ci sia ancora qualcuno secondo il quale pattume non è sinonimo di  intrattenimento leggero.
Se potete in qualche modo rimediate da leggere Frank Carter, rimediando il cartaceo, il prezzo è folle, ma chi di solito bazzica le pubblicazioni minori non è vergine a certe realtà, oppure leggendolo on line sempre che la Shockdom nel suo aggiornamento non se lo perda per strada perché su Facebook piace solo a 210 persone.
Baci ai pupi.

mercoledì 11 novembre 2015

Crossed +100: l'apocalisse secondo Moore






Questo articolo è stato pubblicato su overnews magazine


 
Alan Moore ha sempre giocato con gli idiomi, questa attenzione (immancabilmente) critica  che il pubblico italiano ha rivolto alla miniserie Crossed +100, rispecchia tremendamente il grado di pigrizia a cui si sono arrivati i lettori della penisola.
Che io ricordi, Moore ha già giocato a fare Dio,  proponendo in passato storie con elaborate strutture di dialogo, in cui si divertiva a coniare nuovi termini e nuove lingue per la gioia dei traduttori.
Andando a memoria: Swamp Thing #32: Pog, (1985) -  in quell’episodio che di fatto è un toccante omaggio all’opera di Walt Kelly, Moore elaborò un nuovo linguaggio per gli alieni atterrati nella palude, ancor prima, su Warrior #9-10 (1983), nella storia che di fatto introduceva nell’universo di Miracleman i Warpsmith, Moore concepì di sana pianta un lessico per i giovani invasori del golfo, su 2000AD, nella bellissima Ballata di Halo Jones, seppur in forma minima c’è un’ intera griglia di nuovi termini. stessa storia per Skizz.
D’altrone il buon Moore ha sempre cercato di mettere i suoi fumetti  sotto una luce iper-realista, tanto a volte a riuscire ad infastidire i “lettori”.
Ricordiamo interi dialoghi lasciati non tradotti per espressa volontà dell’autore?
In Miracleman Libro Secondo, nella Lega degli straordinari Gentlemen Vol 1, i dialoghi in arabo e in mandarino, nel Vol  2 della stessa opera, addirittura a parlare senza che a noi lettori sia dato modo di capire nulla, sono dei marziani, Century, il dialogo tra Nemo e sua figlia, o ancora Nemo Le rose di Berlino, dove tutti  baloon in tedesco sono rimasti indecifrabili, per chi non mastica il crucco.
Anche nel suo romanzo La voce del fuoco, c’è una voluta sperimentazione sugli idiomi, ecco perché il vociare scettico intorno a Crossed +100 mi ha fatto sorridere.
O il lettore italiano ha poca memoria, o non conosce Moore, o come più probabile, è impigrito dalla dilagante mediocrità che affolla le edicole e gli scaffali delle fumetterie.
Parte della colpa la attribuisco comunque ai licenziatari di questo volume, in giro ne sento parlare pochissimo e male, una promozione del prodotto prossima allo zero, sembra che con alcuni titoli la Panini continui con gli errori già fatti con la Valiant, amesso e non concesso siano errori e non strategie, della serie “l’importante è che non le pubblichino gli altri”.
Fatto sta che è da qualche settimana è uscito il Crossed di Alan Moore, ed è proprio un piccolo gioiello.
Personalmente ho smesso di leggere Crossed dopo il secondo tomo, quello scritto in maniera orripilante da Lapham, annoiato a morte da queste letture tutte uguali.
Non che mi sia particolarmente dispiaciuto il primo, firmato da Ennis e Burrows, un fumetto apocalittico, dove il solito virus invece di renderti uno zombi cannibale, ti rende di fatto un insaziabile assassino seriale cannibale incline alle peggiori nefandezze, dal sodomizzare moncherini sangionolenti, al divorare i propri figli in culla.
Crossed lo avrei amato di più come volume unico, ma si sa la serializzazione è al contempo una necessità economica ed una pietra tombale sulla creatività, anche se ti chiami Alan Moore, che alla serialità delle cose non si è mai ne adeguato né piegato.
Il bardo con Crossed+100 ha fatto l’unica cosa che valeva la pena di fare per rivitalizzare il genere.
Non che poi, spostarsi 100 anni nel futuro sia questa grande genialata, sa di già visto, un romanzo di Justin Cronin, Il Passaggio, che ho letto qualche anno fa quando ero ancora capitolino, evolve proprio in questo senso, in seguito ad un incidente nella base del Progetto NOAH, un’istallazione dove venivano condotte ricerche su un virus trasmesso dai pipistrelli, e che rendeva gli essere umani degli insaziabili vampiri orribilmente mutati, l’umanità è vittima di un olocausto che trasforma la vita dei sopravvissuti in una continua lotta per vivere.

Quindi non è questo, né il coniare un nuovo linguaggio che dovrebbe fare urlare al capolavoro, al massimo quello che lascia entusiasti a fine lettura è la sensibilità unica dello scrittore inglese. Moore concepisce una sceneggiatura che non si sofferma sullo stereotipato orrore di un survival comics, al contrario gioca su una moltitudine di temi, senza trascurare la componente spaventevole che invoca chi compra questo genere di fumetti.


Crossed +100 come suggerisce il titolo, ma come anche vi hanno detto nei mille rumors che hanno preceduto questa miniserie, parla del futuro del mondo infettato ideato da Ennis, un secolo dopo l’esplosione del contagio, delle trasformazioni subite dalla società, e dei tentativi dell’uomo di recuperare il passato e ricostruire il viver civile.
Future la protagonista del fumetto è un’archivista., nel mondo utopico immaginato dal bardo, la funzione di recuperare informazioni storiche dal passato, è altrettanto importante come lo è recuperare viveri e materie prime. Un’ ipotesi affascinante e se non inedita, ancora non inflazionata.
Affascinante come le dichiarazioni di Moore in un' intervista in cui rivela cosa nasconde la scelta del nome Future.
Moore insomma continua imperterrito per la sua strada, dimostrando, semmai ce ne fosse bisogno, a tutti i simpatici troll da rete, di quelli che lo danno ormai per un autore in declino mentre leggono avidamente spazzatura seriale americana e non solo, che il suo metodo di lavoro è ancora certosino e francamente inimitabile, ed anche ad una cosa elementare come la scelta del nome di un character, è un passaggio studiato.
Future infatti è nata nel 2077, è solo un nome, ma getta basi solide sulla continuity di questa serie.
Il 2077 rappresenta il tempo in cui gli umani non infetti ricominceranno a ricostruire gli insediamenti, e far nascere nuovi esseri umani, “Future” ed “Hope”, futuro e speranza, saranno i nomi più usati, una sorta di buon auspicio per la razza umana.  


Queste sono le piccole differenze tra il bardo ed il resto del mondo, la sua minuziosa dedizione al media.
Andrade e Moore confezionano un prodotto altamente appetibile: le ampie inquadrature che l’illustatore brasiliano dissemina nella storia, che mostrano un mondo dove la natura si sta riprendendo i suoi spazi fanno da contraltare ai testi di Moore, come il diario di Future, una sorta di quiete che precede la tempesta.
E’ come ascoltare la Primavera di Vivaldi su una stazione radio che gracchia e non si riesce di sintonizzare, e la melodia è costantemente interrotta dai gutturali suoni del finale di Blind dei Korn., che invece poi ti esplode nel cervello improvvisamente nel capitolo 5.
Non posso spoilerare nulla, posso dire che questo Crossed, non ha nulla a che vedere con i due precedenti capitoli che ho letto io, la trama è costruita in maniera strepitosa, Moore a modo suo ci rende spettatori di un incredibile centenario, una trama che si risolve lentamente, insidiandosi nella routine di Future e nelle sue incursioni in un mondo in cui la natura è in rinascita, e dove apparentemente la piaga dei crociati sta scemando.

Non continuo dopo.

Devo decidermi di mettere il punto e chiudere, come Future chiude il suo diario, perché altrimenti vi rivelo mio malgrado qualche particolare della trama che potrebbe rovinarvi la sorpresa.
E’tutta colpa del bardo, quando si parla di lui, spenderei quintali e quintali di parole.
Va da se che nel mio piccolo, consiglio questo volume, Crossed +100 vale ogni centesimo del suo prezzo, è la classica ventata di aria fresca, l’ho letto in parallelo alla sedicente guerra di Kirkman su TWD, quell’accozzaglia di finti colpi di scena, parolacce e morti di personaggi di rilievo,che si è combattuta in questi mesi  tra Rick e Negan.

Inutile dire che per quante allucinanti teorie partorisca la rete su Kirkman, che secondo alcuni siti è il nuovo Moore, è lampante invece, che siamo su mondi diversi, da un lato c’è il fumetto mainstream ripetitivo, e dall’altro la pubblicazione autoriale. Riguardo l’edizione italiana, a Panini si possono muovere le solite critiche, il costo del volume e, come detto più su, la promozione dell’opera pari a zero, Panini da editore, sembra non aver alcun interesse nell’ampliare il bacino di lettori di questa collana, evidentemente confida nei soliti acquirenti, e nel passaparola in rete. Sembra anzi che faccia incetta di queste licenze “minori” per evitare che vengano prese da altri editori italiani, e perdere l’apparente monopolio dato dalle pubblicazioni Marvel.
Questa teoria altamente cospirazionista l’ho partorita da un po’ di tempo dopo aver visto con i miei occhi l’affondamento della linea Valiant, ed una serie di collane assolutamente non promosse ed affidate al caso.
La speranza è che la linea Avatar, che per lo più però edita roba tra l’appena sufficiente ed il molto mediocre, resti a galla. Nonostante gli sforzi inesistenti di Lupoi e co. di farla conoscere al pubblico. Per il resto a parte tremende gaffe nella traduzione non c’è molto altro da dire sull’edizione, per esempio “To Casper” che nella versione originale sta per “spaventare”, in italiano diventa “Fantasmare”, che non significa nulla. Una scelta che denota che chi ha tradotto, non ha inteso molto bene la volontà dello scrittore (originale).
Moore fin dalle prime rivelazioni, ha dichiarato che il suo Crossed+100 parla di un gruppo di uomini e donne con la volontà di ricostruire la società, una società estintasi nel secolo passato, e con essa il modo di parlare e comunicare, un modo ricostruito grazie anche agli sforzi degli archivisti, un mondo dove alcuni termini si sono persi nel tempo, come quello per descrivere lo spavento, Casperize, viene da Casper the Friendly Ghost, serie di cartoni animati del 1939, in cui lo spettro di un bambino, nonostante volesse giocare con le persone che incontrava, finiva per farle scappare via terrorizzate, soluzione perfettamente coerente con il certosino lavoro di Moore, tradurlo in Fanstasmare, solo perché Casper è un fantasma, va da se che riduce e svilisce il lavoro dell’autore.
Ma a parte queste cadute di stile tipicamente italiote, Crossed +100 resta una lettura imperdibile.
Direi che anche questo mese vi abbia detto tutto quello che c’era da dire.
Fatemi sapere cosa ne pensate.
Non resta che congedarmi.
Baci ai pupi.

venerdì 30 ottobre 2015

Beta i Robottoni made in Italy

Avessi modo di buttare giù delle chart, le ultime top appetibilità avrebbero in testa materiale dell'editoriale cosmo, con Gli Sterminatori e Beta.

Breve storia dell'odio verso i cosmonauti

E' sempre una gran rottura parlare della Editoriale Cosmo, in pratica recensire una pubblicazione cosmo, è un silenzioso richiamo che ti sottopone alle attenzioni di tutti quei megalomani puristi della domenica, che inveiscono contro la bonellizzazione del fumetto; hater addomesticati sui social  e sui forum che per quanto tu tenti di spiegare i motivi per cui la Cosmo non è assolutamente l'anticristo, non ti ascoltano, continuano a sbraitare di desaturazione coatta delle tavole, riduzione violenta dei disegni, con tanto di bava alla bocca come i cani rabidi, senza alcuna possibilità di replica, al punto che alla fine la risposta più idonea e sensata da dare è "ma fa un pò come 'zzo te pare e vattene a quel paese."

Probabilmente è per zittire certe critiche sterili che nacque la linea "Color" ma pensate che l'iniziativa abbia messo al riparo l'editore emiliano dalle solite feroci critiche?
Macchè, poveracci non solo hanno cominciato a pubblicare a colori, ma in sfregio all' avarizia, hanno fatto tutto in un formato più grosso del classico comic book, ma nulla il pecorone a comando italiano una volta che è partito per la tangente, non sente ragioni, da li a poco è arrivato un nuovo tormentone "La costina scricchiola!". Juan Solo per esempio, ma anche il primo tomo di Fabian Gray
Alla fine, i cosmonauti hanno ancora una volta diversificato il catalogo, cambiando tipografia, eliminando il "fastidioso" scricchiolio delle costine, sono tornati a bonellizzare, lasciando il colore, e lavorando sul numero delle  pagine per prezzare le pubblicazioni,  insomma di sforzi per piacere a destra e a manca ne sono stati fatti,  ma il pecorone a comando ormai con cosmo ha chiuso i ponti, per il pecorone medio, alla Cosmo o sono degli incompetenti, o dei semplici stampatori di materiale estero, ben poco conta che adesso producano persino una serie nuova, per quanto ahimè bruttina possa essere.
Per gli hater più agguerriti sono dei ladri, con dei prezzi troppo cari per il materiale proposto, Un esempio? Flash Gordon: Una rapina legalizzata.
Inutile far notare il coraggio di editare con tiratura da edicola opere d'arte come L'incal o Bouncer, per esempio, indubbiamente materiale ostico per il lettore medio italiano abituato a vedere rivoluzionario una pensione ed un cellulare, opere che ben altri accreditati editori, in passato si sono guardati bene dal far uscire in edicola, puntando sul solito bacino di 30enne a salire,compulsivo animale da fumetteria.
Il catalogo Cosmo? Puff, materiale scadente.
D'altronde chi si sognerebbe mai di definire capolavori, robaccia come Black Crows, Lo Sparviero, Durango, Snowpiercer o Winterworld?
Giusto un tristone intellettuale col braccino corto par mio.
Davvero, non c'è verso.
La cosa più esilarante è che questi puristi che si lamentano delle tavole ridotte (con allegata riduzione dei costi) sono gli stessi che si scapicollano in fumetteria a comprare senza battere ciglio altrettante pubblicazioni ridotte come Saga della Bao, contenti di pagarle un rene  e mezzo lobo epatico, tanto il fegato si rigenera.
Questi hater sono gli stessi intellettuali che ignorano per esempio la sottile differenza tra lo stampare ad alte tirature in Italia, su carta certificata PFC, piuttosto che stampare "altrettanto male", (riducenddo il formato), con una tiratura da fumetteria ed un prezzo esoso, affidandosi a tipografie cinesi, è il caso eclatante della Bao, per quel che concerne alcuni volumi della Lega degli straordinari gentlemen, e chissà cos'altro. Li seguo poco o niente i milanesi col cane sul logo.
La cosa che ormai diverte di questi puristi è che in sostanza ridurre e desaturare e pagare meno è un reato perseguibile dalla legge, ingrandire, colorare, cartonare e rapinare, è un omaggio alla nona arte.
Con Beta è stata la stessa cosa, brossurato formato bonellide di ben 224 pagine in bianco e nero, è diventato sulla bocca dei soliti: troppo caro (6,90€) e scomodo da leggere, peccato che la precedente edizione di Beta (coff...coff...coff...BAO) venisse il doppio per il prezzo, e fosse più piccola (spero almeno stampata in Italia).
Lasciando perderere gli hater - mai compreso il meccanismo infatuante che ti trasforma da lettore di fumetti a sostenitore amante di questa o quella casa editrice - dedichiamoci per il resto del pezzo a questo BETA di Vanzella e Genovese, lettura caldamente raccomandata, quale che sia la vostra indole di consumatore, cicala (Bao) o formica (Cosmo).
Io da buona formica lo leggerò in questa pessima edizione, pagandolo più o meno la metà di quanto lo avrei pagato se fossi inciampato nell'edizione Bao.
224 pagine divorate letteralmente e non solo per il nostalgico motivo che BETA è un chiaro omaggio all'opera di Go Nagai, il creatore di Mazinga Z , Grande Mazinga, Goldrake e Getter Robot. Quell'aspetto del fumetto va bene come strillone per attirare le attenzioni dei lettori, in realtà in Beta il citazionismo al fumetto nipponico è solo una parte della godibilità.
In Beta i Robot giganti non sono creati per tenere testa agli invasori alieni o altro, la sceneggiatura di Luca Vanzella relega i giganti meccanici al ruolo di arma finale, nel mondo di Beta, i robot sono le armi di distruzione di massa, l'escalation tecno-bellica di una guerra fredda rivista, in cui non mancano divertenti riferimenti come il primo ministro con la gobba, (presumibilmente il poco compianto Andreotti) o la strega di premier inglese, (presumibilmente la Tatcher).
C'è molto più di apocalittici duelli tra mostruose macchine tra grattacieli, Beta, vanta una appetibile caratterizzazione dei personaggi ed una trama molto più complessa di quello che può sembrare trasparire dalla copertina.


Il plot dei robottoni così in voga negli anni '70 è arricchito da smaliziate sfumature dei nostri tempi: era molto raro in Mazinga che Tetsuya Tsurugi si preoccupasse di questo o quello stabile prima di demolire a suon di missili centrali e grandi fulmini, l'ennesimo mostro inviato dal Generale Nero, era altrettanto raro che si contenesse nella lotta al fine di preservare il costoso gingillo, per  il concetto di morte, come componente delle storie, dobbiamo aspettare la serie di Getter Robot, ed il sacrificio del pilota Getter 3 Musashi Tomoe (1974).
E' solo poi nel 1980 ,con Trider G7, che gli autori prestano più attenzione al lato economico della guerra con i robottoni, l'adolescente Watta Takeo prima di lasciar partire i vari missili a testata protonica o missili nucelo-sintetici, attendeva il benestare del vecchio Umemaro Kakikoji, sempre attento ai conti della Takeo General Company per far quadrare le spese, e trasformare le missioni del Trider in successi economici per la compagnia.
Vanzella fa tesoro di questi spunti narrativi senza dimenticare di omaggiare quel mondo di cartoni animati e manga del nostro passato remoto, come non riconoscere il papà di Hiroshi di Jeeg nel Dottor Lorenzo Beta? O una via di mezzo tra Kenzo Kabuto e il dottor Inferno nel Professor Shima. Ci vuole una bella faccia tosta a non riconoscere nella bella Maxine il pilota del robot francese Marianne, l'avvenente June di Venus o anche Miwa Izuki di Jeeg.
Insomma senza spoilerare nulla della trama è il caso di dire che Beta come sceneggiatura è meglio del film Pacific Rim.
L'evolversi degli eventi già per altro incalzanti, più o meno dopo pagina 190, vi lasceranno così curiosi che non aspetterete altro che il secondo e conclusivo volume, previsto per gennaio 2016.
Sul versante grafico Genovese forse a volte è troppo sporco, specie nelle scene di lotta. Ma per il resto il suo è un autentico manga anni '70, dinamismo della tavola, totale assenza di una griglia, l'uso delle linee di velocità per esaltare i movimenti, massicio abuso delle onomatopee, tutte trovate visive riconducibili al fumetto nipponico.
Insomma senza dilungarsi ulteriolmente Beta è l'appuntamento immancabile di novembre.
Fidateve, restando in ambito cosmico, a parte Prophet, vi ho mai raccontato fregnacce?
Beta vale ogni centesimo dei suoi 6,90€ di copertina, nostalgico, intrigante e divertente.
Baci ai pupi.

lunedì 12 ottobre 2015

Il Rocketeer di Dave Stevens


Due parole su Dave Stevens
30STEVENS.190

Dave Stevens nasce nel 1955 in California, e nel suo curriculum figura di tutto: a 19 anni è l’assistente di R. Manning per le tavole domenicali di Tarzan, successivamente dopo il 1977, concentra i suoi sforzi sul mondo dell’animazione, disegnando gli storyboard per alcuni cartoni animati della Hannah & Barbera, tra cui l’adattamento della Justice League al piccolo schermo, in Italia noto come Super Amici.
Per Hollywood firma gli storyboard dell’Indiana Jones di Spielberg, I Predatori dell’Arca Perduta e il famosissimo videoclip di Micheal Jackson, Thriller.
Le sue prime incursioni nel campo dei comic book sono collaborazioni con alcune fanzine per le quali firma delle illustrazioni, molte delle quali arricchite, dalla presenza di soggetti femminili di innegabile fascino.

Lavorerà poi ancora con Manning per la sua strip su Star Wars, e per la Marvel per la quale inchiostrerà alcuni What if?, come il numero 11.

 dave-stevens-airboyDave-Stevens-10

– Piccola parentesi: Il numero 11 di What If?, scritto e disegnato dal Re, è veramente una storia assurda anche per un What if?, ipotizzava infatti un mondo in cui i raggi cosmici avessero trasformato nei Fantastici Quattro i primi uomini della Marvel Comics: Mr Fantastic era Stan Lee, la Torcia umana, Sol Brodsky, Vice Presidente alla Marvel Comics, Kirby nei panni della Cosa e Flo Steinberg, segretaria alla Marvel Comics nei panni della ragazza invisibile. (Peri più curiosi, in Italia, Star Magazine 14)

Nel 1981 la Pacific Comics, commissiona al giovane autore, 6-10 pagine per un comic book, l’editore non dà alcuna indicazione per il soggetto, nè alcun limite, Stevens ha carta bianca.
Un malcelato amore per la star degli anni ’50 Bettie Page e per il fumetto pulp degli anni ‘20, sono due degli ingredienti della serie a fumetti che sta prendendo forma nella sua testa, Stevens inoltre,voleva creare le avventure di un eroe con un razzo, con storie ambientante in un mondo in cui aereri e vecchie automobili fossero una sorta di costante scenografica, ecco il fertile terreno su cui germoglia Rocketeer, il characters che lancerà come un missile, lo stesso Stevens nell’olimpo degli autori dell’epoca, insieme a nomi come Steve Rude e Jamie Hernandez.
In una intervista fatta dal giornalista Thomas Martinelli e apparsa su Grandi Eroi n. 15 Comic Art Editore (Luglio 1987), il volume che ospita il primo arc di Rocketeer, con le origini del personaggio, Stevens si definisce un autore con ancora molto da imparare, confessa la sua passione per i classici dai quali cerca di carpire qualche segreto, autori come Eisner, Steranko, Kubert, Toth, Bennet, Manara e Pratt, ma quel che mi ha conquistato di Stevens è quello che si aspetta la gente riceva dai sui fumetti:

“Cerco di realizzare storie sollevanti, non mi piacciono troppo quelle tristi e deprimenti. Non ho un vero messaggio, mi basa che qualcuno compri il fumetto e si diverta. Sento di avere raggiunto il mio scopo quando rendo il lettore felice, e per adesso è sufficiente. Per ora mi basta solo fare del mio meglio con storie d’avventura e buoni personaggi sperando che alla gente piacciano.”

Rocketeer

DS_BP_Rocketeer1
E Rocketeer è piaciuto tantissimo al pubblico, fin dalla prima apparizione in appendice allo StarSlayers di Mike Grell (Pacific Comics), Un Inkpot Award come autore nel 1986, insieme ad artisti del calibro di Dave Gibbons, Moebius e i fratelli Hernandez.
Un Kirby Award nello stesso anno per la miglior Graphic Album, sotto etichetta Eclipse.
E leggendo il primo arc è difficile restare indifferenti al fascino di Rocketeer, ancor prima di scivolare nei noiosi tecnicismi da recensori spocchiosi, impossibile non spendere due parole sulla caratterizzazione dei personaggi: Cliff Seword è fin troppo umano, nei suoi comportamenti, è aviatore in un circo acrobatico e vuole ciò che vogliamo tutti, successo, una bella donna da amare e tanti soldi.
Queste sono le venali priorità che muovono Cliff nella primissima avventura di Rocketeer, un adrenalinico dramma, pieno di azione, passione, spie, complotti, sparatorie ed inseguimenti che mi ha tenuto legato al volume fino all’inevitabile ultima pagina. E sono certo terrebbe incollati alla poltrona anche voi.
Difficile non soffermarsi sulle tavole in cui compare la volubile fidanzata di Cliff, anche lei, così reale nella caratterizzazione, che sembra possa strappare la pagina e sedervisi in braccio sempre che possiate permettervelo.
apAmfubBetty è liberamente ispirata alla regina delle pin up degli anni ’50, Bettie Mae Page, un chiaro omaggio alla modella nata a Nashville nel 1923 che ha legato il suo nome all’ immaginario erotico di un paio di generazioni di americani.
Al contrario di Cliff, passionale, testardo ed impulsivo, Betty è più pratica, ama Cliff, ma non quanto ama se stessa, nell’ultimo capitolo della prima avventura di Rocketeer, mentre pondera di accettare l’invito del fotografo Marco, di vivere per un periodo in Europa, si definisce una donna fatale, mentre sembra osservi le sue stesse sensuali curve, languidamente adagiate sul letto di posa.
La scelta di ispirare la fisionomia di Bettie alla famosa modella degli anni ’50 rinnovò tra i lettori una curiosità sulla vita della stessa, ma miss Page non è l’unico characters di Stevens ad avere una controparte nel mondo reale, il meccanico Peewe si ispira al disegnatore amico Doug Wildey, mentre il fotografo di Bettie, Marco di Hollywood, è liberamente ispirato al fotografo Ken Marcus, il famoso fotografo che ha immortalato innumerevoli modelle seminude per i paginoni delle riviste Playboy e Penthouse Magazine. Il cast di supporto di spie crucche ed agenti governativi sembrano scappati dalle pagine dei fumetti di Eisner.
Rocketeer come già detto, è prima di tutto un grosso atto d’amore alle avventure pulp degli anni’20 e ’30. Bellissimo e nostalgico.

rocketeer2bLa tecnica narrativa su Rocketeer è qualcosa su cui probabilmente torneremo più volte nel corso dei nostri incontri, perché si inserisce in un contesto di produzione di fumetti ormai estinto, sacrificato in nome della decompressione narrativa della moderna industria dei comics.
Tranne alcuni, si è persa la capacità di raccontare storie in un certo modo.
Stevens nel 1980, durante il processo creativo di Rocketeer ha un unico paletto, l’esiguo numero di pagine con cui raccontare la sua storia.
6-10 pagine alla volta che come già accennato finiscono in appendice allo StarSlayers di Mike Grell (autore di una fantastica run su Green Arrow, che recentemente sta rivedendo la luce grazie alla Rw Lion), nelle quali è d’obbligo: raccontare una storia, coinvolgere il lettore e lasciarlo in attesa del numero successivo con un efficace cliffhanger.
Tutto questo, nonostante si reputi un dilettante, Stevens, lo fa benissimo, chiude ogni capitolo della prima miniserie con appetibilissimi colpi di scena, persino il finale aperto che fa da prologo all’avventura a New York. Come accennato, il passato professionale dell’autore è segnato da una prolifica collaborazione con Manning per le tavole domenicali di Tarzan, e si vede, la sua tecnica narrativa è figlia di quel tipo di editoria, la tavola è un percorso di passaggi obbligati, che guidano gli occhi del lettore, inquadratura dopo inquadratura, vignetta dopo vignetta, che siano rettangolari quadrate, tonde, o un puzzle di inediti poligoni, l’imperativo di Stevens è divertire, e diverte, la lettura è dinamica e coinvolgente, non c’è una griglia fissa, lo spazio è esiguo, ed ogni cm della tavola è utile anche gli spazi bianchi tra una vignetta e l’altra, ogni prospettiva, ogni inquadratura che sia funzionale a raccontare in maniera limpida azioni ed emozioni è utilizzata con certosina abilità, ed il risultato è sotto gli occhi di tutti, sempre che abbiate tempo e curiosità per sperimentare questa emozione vintage.

rocketeer-art
Esempio di composizione della tavola di Dave Stevens

In Italia il Rocketeer di Dave Stevens ha avuto almeno tre edizioni:
Grandi Eroi n. 15 Ed. Comic Art che raccoglie i primi 5 capitoli, in pratica le origini del personaggio. E’ il modo più economico per assaggiare il lavoro di Dave Stevens per vedere se rientra nei propri gusti.
Rocketeer – le avventure complete Ed. Salda Press che raccoglie tutto il materiale firmato da Dave Stevens, inclusa Avventura a New York. Il costo dovrebbe aggirarsi intorno ai 15€.
Le avventure complete di Rocketeer vol 1 e 2 ed. Salda Press un’edizione di lusso che raccoglie lo stesso materiale di Stevens, ma è arricchito da una apprezzabile quantita di contenuti extra, come sketch ed illustrazioni varie che fanno levitare il costo a 50€ complessivi.

Bene,direi che anche per oggi vi ho detto tutto, ah questo pezzo inaugura anche la collaborazione di fumettopenia con OverNewsMagazine
Baci ai pupi.